Sala d’attesa

Questa mattina ero in Motorizzazione, seduto ad aspettare il mio turno per il ritiro di modulistica allo sportello 11. Nella sala d’attesa, seduto al mio fianco, un uomo all’apparenza oltre gli 80 anni. Tra le mani segnate dal tempo e con due vistosi anelli alle dita, stringeva un bollettino da 16 euro e una visita effettuata in Commissione medica. Sicuramente era lì per il rinnovo della patente. Indossava il suo vestito migliore. Una giacca in lino scura, pantaloni ben stirati e profumava di pulito. Appoggiato alle ginocchia un cappello di feltro in tinta con l’abito. Osservava con placida sicurezza il tabellone luminoso posizionato in alto nella grande stanza, nel quale si susseguivano i numeri degli utenti pronti a sbrigare le loro pratiche.
Ho iniziato a fantasticare su chi fosse, su cosa avesse fatto nella sua vita. Magari era un direttore di banca in pensione, oppure un agricoltore che aveva trascorso la sua esistenza nei campi, raccogliendo i prodotti che aveva seminato per un’intera vita. Forse era stato un soldato, che ancora ricorda i tempi in cui camminava con orgoglio tra le persone, fiero della sua divisa e di ciò che rappresentava. Oppure era un artigiano, che aveva creato centinaia di scarpe in pelle indossate da donne e uomini protagonisti di tante differenti vite. Non so cosa abbia fatto, se fosse sposato o vedovo, se avesse dei figli che lo hanno dimenticato o dei nipotini pronti ad abbracciarlo al rientro da scuola. Non so niente di tutto questo. Ma ho provato un profondo rispetto, una grande empatia. Quando è arrivato il mio turno, mi sono alzato e d’istinto l’ho salutato augurandogli buona giornata.
“Buona giornata a lei giovanotto”, ha risposto, alzando di poco il cappello, a ringraziare per un ossequio ricevuto in omaggio.
I suoi occhi azzurri sorridevano. E io con lui.

 

Alberto Sanavia