Sanremo 2016: Le lacrime dell’esperienza

Anche per Padovando si è conclusa l’esperienza Sanremese 2016. Rispetto alla passata edizione, l’impatto con le canzoni in gara è stato meno entusiasmante, inutile nasconderlo. La vittoria di Francesco Gabbani con “Amen” nella categoria Giovani e quella degli Stadio con “Un giorno mi dirai” nella categoria Big, sembrava scontata fin dai primi ascolti. Il televoto non ha stravolto – come si temeva – una classifica che ha premiato le canzoni più orecchiabili e qualitativamente meglio composte.
Parallelamente ora si muovono altre classifiche: quella delle radio, delle web radio, di YouTube, dei dischi venduti, delle canzoni scaricate. L’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione ha aperto molte nuove strade, tanto che parlare di “canzone vincitrice” ha un significato marginale. Quello che ci rimarrà nella memoria è soprattutto la commozione di un gruppo – gli Stadio – che non ha celebrato il passato sfoderando un pezzo scialbo, ma si sono messi in gioco con un brano che, destino della vita, l’anno prima era stato scartato. La loro fortuna è stata quella di ripresentarlo modificato nel 2016, spiccando in mezzo ad una media di pezzi meno “immediati”. Lo #StileStadio è ritornato preponderante, convincendo giovani e meno giovani. In sala stampa, Gaetano Curreri era un bambino col volto solcato da lacrime di gioia, un’immagine diametralmente opposta a quella del gruppo “Il Volo” che nel 2015 aveva celebrato la propria vittoria tra le polemiche, con una sala stampa sconcertata e polemica nei confronti di un gruppo di ragazzotti che si credevano arrivati nonostante fossero stati spinti, come avviene ancora oggi, da coloro che tessono il loro futuro discografico.
Probabilmente i brani del 2016 dureranno meno, ma qualcosa di positivo c’è stato. Quest’edizione ha messo in mostra gli autori (vedi il pezzo di Zampaglione purtroppo cantato da una Patty Pravo schiava di se stessa), il ritmo di brani rock come quello del sempreverde Enrico Ruggeri, così come quelli della categoria Giovani che, ammettiamolo, erano nettamente più freschi dei grandi.
Tra la massa di cantanti dell’ultima ora usciti dai vari “Amici” o “X-Factor” e destinati ad un futuro da meteore, tra le ballate alquanto basso popolari di Rocco Hunt e il non-rap un po’ antipatico di Clementino, qualcosa di buono è emerso. E’ da lì che bisogna ripartire, per capire che un buon piatto è tale se ha qualità, non solo “novità” od “estro”. In un’epoca di mille talent è impossibile avere mille talenti e coloro che – alla fine dei giochi – davvero emergono, sono coloro che mettono il lavoro al servizio del loro sogno. Ecco perché i veri talentuosi sono stati altri.
IL CONTORNO SANREMESE. Decisamente favolosa l’organizzazione fuori e dentro al teatro Ariston. Più volte Carlo Conti ha chiesto un applauso in diretta tv per le forze dell’ordine, che quest’anno erano dispiegate in maniera massiccia in ogni angolo della città. La loro presenza però ha indotto sicurezza e non tensione. In un periodo storico in cui la paura del terrorismo ha la padrona sulle altre emozioni, Sanremo ha dimostrato che i timori si combattono col sorriso e con la prevenzione. La città ha vissuto appieno la sua settimana di notorietà nonostante la pioggia, ha dimostrato che è capace di adattarsi costantemente a quello che – ancora oggi – è lo spettacolo più bello e complicato della tv italiana.

Alberto Sanavia

 

foto di Maria Elena Schiavon