Zero Assoluto: Un’Assoluta voglia di divertirsi

Gli Zero Assoluto scansano le critiche e pensano al nuovo album. «Noi, cantanti di vecchio stampo che si adattano al web. La radio sta perdendo il peso specifico del passato»

L’etichetta di cantanti per adolescenti è difficile da togliere. Nel pensiero comune, gli Zero Assoluto sono quelli delle canzoni sdolcinate. Sicuramente questo li ha condizionati, marchiati e – come si sa – in questo mondo è difficile togliere i marchi a fuoco. Parlando con Thomas e Matteo ti rendi conto di avere davanti due ragazzi che non recitano alcuna parte se non quella di fare ciò che a loro piace. Il brano presentato al Festival si chiama “Di me e di te”, penalizzato dal televoto ma che ha già scalato le classifiche sul web.
«Siamo soddisfatti dei risultati che sta ottenendo il brano nelle radio e in streaming – dice Matteo – e sinceramente non abbiamo voluto partecipare alla competizione pensando alla classifica del Festival. Il nostro album uscirà il 18 marzo e si chiamerà “Di me e di te”. E’ nato un po’ per caso perché avevamo deciso di non pubblicare più dischi ma solo singoli. A volte, infatti, creare un intero progetto porta confusione. I tempi sono cambiati e anche il modo di trasmettere musica al pubblico. Quando ci hanno chiamati per il Festival, ci siamo messi al lavoro e abbiamo chiuso il disco in tre mesi senza che nessuno ce lo chiedesse. La cosa curiosa è che abbiamo ottenuto un disco più completo rispetto agli altri. Ora abbiamo grandissime aspettative».
A volte sembra che siate antipatici a qualcuno, dato che non mancano mai le critiche.
Thomas: «Ci sono venti contrari da un po’ di tempo a questa parte soprattutto perché un sacco di giornalisti o autori valutano la scena musicale solo attraverso il Festival. Sono 20 anni che facciamo musica, il prossimo sarà il 6° album. Alla fine, quello che davvero conta è che la gente ascolti le nostre canzoni, perché è per loro che le facciamo. Personalmente ho sempre apprezzato chi ti giudica. Non mi piace invece il pregiudizio».
Nella serata delle cover avete presentato la sigla di Goldrake. Non era troppo simile a quella di Alessio Caraturo?
Matteo: «E’ innegabile che abbiamo preso spunto dalla sua versione acustica. Lo abbiamo contattato e abbiamo collaborato insieme. Alla fine abbiamo creato un arrangiamento in linea con l’orchestra del Festival, cambiando tonalità e strumenti utilizzato. Forse nel disco si percepisce maggiormente la differenza rispetto a quella di Caraturo»
Thomas: «Quello che ci ha soddisfatto di più sono stati i complimenti da parte di Cristina D’Avena, lei è un’istituzione in questo campo (ride)».
Che Festival avete trovato rispetto al passato?
Matteo: «E’ cambiato tanto perché – se guardiamo bene – gran parte dei concorrenti provengono dal mondo dei talent. Ci sono delle correnti come il rap e l’hip hop che stanno dimostrando come il web stia per sostituire la promozione in radio. La radio sta perdendo quel peso specifico del passato, mondo a cui noi siamo legati dato che nasciamo da lì».
Voglia di tornare a fare i conduttori radiofonici?
Thomas: «Certamente. Ma la radio è ormai schiava di meccanismi tali per cui non si può parlare mai per più di un minuto e mezzo senza interruzioni. Ci piacerebbe fare un programma in cui abbiamo il contatto diretto col pubblico, senza bisogno di scalette».
Per voi è stato un problema fare altro oltre alla musica nel corso della vostra carriera?
Matteo: «Purtroppo e per fortuna, abbiamo due caratteri molto creativi e non credo che fare altro oltre alla musica possa essere un problema. Creare musica pop è difficile perché, se non sei onesto, la gente lo percepisce subito. Questo è anche il motivo della nostra “lentezza” a volte spasmodica nel pubblicare album. Ma a noi piace fare tutto ciò che ci piace, senza forzature».

Alberto Sanavia

 

foto di Maria Elena Schiavon